Cronache dei tempi miei

Riferimento: 9788872972229

Editore: ABE
Autore: De Rosa Loyse, Iandiorio Virgilio
Pagine: 144 p., Libro
EAN: 9788872972229
35,00 €
Quantità
Non disponibile

Descrizione

Si è pensato, d'accordo con l'editore, di suddividere la traduzione in italiano corrente del manoscritto del De Rosa in più volumi. Al primo volume pubblicato nel mese di gennaio di quest'anno, fa seguito questo secondo e quanto prima sarà dato alle stampe anche il terzo. Un libro snello si presta meglio ad essere letto tutto d'un fiato, e accresce la curiosità e l'interesse del lettore per una storia così varia e così ricca di eventi e di personaggi. Questo secondo volume continua la suddivisione in capitoli, come nel primo, dando ad essi un titolo. Si ribadisce che nell'originale l'autore non ha fatto suddivisione in capitoli e paragrafi. Nato a Pozzuoli nel 1385, Loyse De Rosa ha trascorso la sua vita a contatto della corte di Napoli, quale maggiordomo di re e di regine. A metà del secolo XV decide di scrivere della sua esperienza, narrando fatti e personaggi che ha visto di persona o di cui ha ascoltato storie degne di fede. La sua narrazione si arresta all'anno 1475; e questo induce a credere che la sua morte sia avvenuta poco dopo quell'anno. Possiamo definire la sua narrazione popolare? Se popolare sta ad indicare il racconto di fatti meravigliosi, questo non è sufficiente per dargli tale definizione. Prendiamo la vicenda della crociata, riportata nel primo volume. Il De Rosa descrive il comportamento del Sultano verso i Crociati arrivati per via terra in Palestina. Viene quasi rivisto il rapporto dei cristiani con i musulmani, dal momento che quella che doveva essere una guerra, si trasforma in una grande festa. Come non ricordare la Novella IX della decima giornata del Decameron, in cui Boccaccio descrive la cortesia del Saladino. Non saprei dire se De Rosa avesse letto la novella boccacciana, scritta un secolo prima; conosceva, però, la Novella XXIII della raccolta di fine Duecento, che va sotto il nome di Novellino, in cui si racconta della prodezza e generosità del Saladino. In questa novella, i Cavalieri crociati vengono sconfitti da Saladino, e molti di essi fatti prigionieri. Quando un cavaliere francese suo prigioniero, per il quali nutriva molto affetto, gli chiese di poter ritornare in patria, il Saladino non solo lo lasciò libero di partire, ma fece chiamare il suo tesoriere e disse: «Dalli CC (duecento) marchi d'argento. Lo tesoriere li scriveva in escita». Nel racconto di De Rosa i crociati sconfitti ricevono dal Sultano, che li lascia andare liberi, delle somme di denaro, quale rimborso delle spese sostenute per arrivare in Terra Santa con i loro eserciti. Chi avrebbe mai creduto che in queste novelle come nel racconto di De Rosa «ci fosse tanta ricchezza di contenuti e un messaggio così convinto e così ancora attuale di rispetto e di ammirazione, insieme al suggerimento di non rinunciare mai al dialogo interculturale e alla collaborazione, a livello dei popoli più ancora che degli stati».2 La Guerra dei Cent'Anni 3 si era conclusa da poco tempo, ma la vicenda tragica e gloriosa di Giovanna d'Arco era già ampiamente conosciuta in tutto il continente. E De Rosa dimostra non di averne una vaga conoscenza, ma di saperne bene il suo svolgimento. Le Ditié de Jeanne d'Arc di Christine de Pisan del 1429, costituisce una testimonianza notevole degli eventi che sconvolsero la Francia durante la Guerra dei Cent'anni. La poetessa francese (n. Venezia 1364 circa - m. forse Poissy 1429 circa) aveva dunque una cultura moderna che le valse a giusto titolo la qualifica di umanista. «Al momento della presa di Parigi da parte dei Borgognoni, fuggì dalla città in rivolta e dal massacro per ritirarsi in un monastero - forse quello di Poissy, dove la figlia era monaca - per meditare con disperazione sulle disgrazie della sua patria di adozione.