La porta del bene e del male di Minguzzi nella Basilica di San Pietro. Note per una lettura iconografica e iconologica

Riferimento: 9788868537395

Editore: Nuova Prhomos
Autore: Estivill Daniel
Pagine: 86 p., Libro rilegato
EAN: 9788868537395
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Descrizione

La porta di una casa è, nel linguaggio architettonico comune alle diverse culture, segno di delimitazione e comunicazione tra due spazi. Mentre la porta aperta è un invito all'accoglienza, la porta chiusa è segnale di custodia di un luogo che, in qualche modo, si desidera proteggere. Nella Chiesa, a partire dalla Rivelazione, la porta assume un'ulteriore simbologia quella cioè che rimanda al passaggio tra il profano e il sacro, tra l'umano e il divino, tra questo mondo e l'aldilà. L'alto significato dato dalla Chiesa all'elemento architettonico della porta d'ingresso nell'edificio di culto spiega anche la tradizione di abbellirne in diversi modi i battenti e adoperando materiali nobili, ad esempio legni e metalli, pregiati come il cipresso o il bronzo. Non potevano, dunque, mancare anche nell'atrio della chiesa più importante della cristianità degne porte bronzee, scolpite da grandi artisti in epoche diverse, a testimonianza del connubio tra l'arte e la Chiesa nella sua millenaria storia. Le cinque porte della Basilica di San Pietro sviluppano, ognuna a suo modo, con il proprio linguaggio stilistico, iconografico e compositivo, un programma orientato ad esaltare l'importanza dell'ingresso allo spazio sacro, che si offre al visitatore quale ambito di preghiera ed espressione di fede, di arte e di cultura. Per la rilevanza del suo significato la Porta Santa è quella maggiormente conosciuta, e cioè l'ultima a destra di chi si trova nell'atrio; opera di Vico Consorti, inaugurata nel 1950. Questa porta è quella che attira più delle altre l'attenzione dei pellegrini, proprio a motivo della sua esclusiva apertura, ogni quarto di secolo, negli Anni Santi. Vi è, poi, la porta centrale, opera del Filarete; l'unica a non essere stata realizzata in epoca contemporanea, ma commissionata già nel 1433 da Eugenio IV per la prima Basilica: quella costantiniana. Il prezioso reperto attesta la continuità storica della tradizione dalla prima basilica a quella attuale. Le altre tre porte - rimarchevoli per la modernità stilistica della loro elaborazione - sono opere di artisti contemporanei eseguite in momenti diversi: nel 1964 fu inaugurata la porta di Giacomo Manzù, cosiddetta della Morte; il 1965 fu l'anno della porta dei Sacramenti di Venanzio Crocetti; infine, nel 1977 fu collocata la porta di Luciano Minguzzi, sulla quale intendiamo concentrare la nostra attenzione attraverso le riflessioni che seguono. Lo scultore ha voluto incidere su uno dei panelli la scritta con la quale la sua porta viene normalmente identificata: Porta del Bene e del Male. Tale denominazione non può, certo, passare inavvertita soprattutto allorquando se ne voglia fare una lettura iconografica ed iconologica. Infatti, detta denominazione tematica accenna al travaglio della vita umana che si dipana nella lotta continua tra il bene e il male, ma rievoca anche il giudizio escatologico, allorché si svolgerà la battaglia finale tra il bene e il male. Proprio come insegna il Signore nel Vangelo con la parabola del buon seme e la zizzania: Lasciate che l'una [la zizzania] e l'altro [il buon seme] crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio (Mt 13, 30). Questo sfondo biblico può essere un ottimo punto di partenza per capire come, chi varca la soglia della porta, in entrata o in uscita, deve confrontarsi sempre e comunque con il bene e con il male: si accede verso l'ambito di una sacralità che invita alla conversione in vista dell'ultimo giudizio; si esce verso il mondo, dove il bene e il male convivono nel quotidiano pellegrinaggio dell'uomo su questa terra.